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Le televisioni


È impensabile realizzare uno spot pubblicitario da autodidatta perché si andrebbe a vanificare tutto l’investimento programmato sulle varie emittenti televisive


Per molti anni, la televisione è stato lo strumento pubblicitario più utilizzato. Per prime le grandi aziende multinazionali hanno investito in questo settore e aumentato notevolmente il proprio fatturato a discapito di aziende che non hanno creduto in questo canale comunicativo.

I primi spot pubblicitari televisivi risalgono al 1941, quando, in un comunicato di dieci secondi, negli Stati Uniti, la WNBT di New York, promuove un orologio dell’azienda Bulova. Pochi anni dopo, nel febbraio del 1957, anche in Italia si conoscono i primi spot pubblicitari sulla Rai, tutti raggruppati dopo il telegiornale tra 20:50 e le 21:00.

La normativa di allora prevedeva la concentrazione in questa piccola fascia oraria giornaliera perché voleva tutelare e proteggere gli altri mezzi, quali i giornali e le radio, che vivevano principalmente sulle entrate pubblicitarie dei loro investitori.

Nasce così un nuovo programma chiamato Carosello riservato agli spot pubblicitari di una lunghezza inusuale per i giorni nostri: ben 2 minuti e 15 secondi, dove si narravano vere e proprie storie o momenti di vita quotidiana.

Molti ricorderanno lo spot che più di altri ha fatto storia: Ava, come lava!, pronunciato dal pulcino Calimero che divenne un vero e proprio “tormentone” di quegli anni infrangendo così la barriera dell’immortalità in quanto, ancora oggi, tutti conoscono le disavventure di Calimero. Tanti ricorderanno i caroselli del gel della Brillantina Linetti, interpretati dall’ispettore Rock: un poliziotto americano che risolve e smaschera casi difficili in un “batter d’occhio”. Lo spot terminava con «Ispettore, lei è un fenomeno, non sbaglia mai!» e lui, con estrema decisione rispondeva: Non è esatto; anch’io ho commesso un errore, non ho mai usato Brillantina Linetti.

Le aziende di allora cercarono di abbinare i loro prodotti a noti personaggi del tempo, tra cui ricordiamo Totò, Gino Bramieri, Lia Zoppelli ed Ernesto Calindri. Quest’ultimo trovò la sua massima espressione pubblicitaria con i caroselli del Cynar e della China Martini.

In quel periodo, la gestione degli spazi pubblicitari venne affidata alla Sipra (società formata dalla Rai e dall’Iri) la cui finalità era quella di gestire i proventi pubblicitari e supervisionare gli spot pubblicitari e il cui ruolo la portò ad avere un vero e proprio potere discrezionale sulla messa in onda o meno degli spot delle aziende di allora. Inoltre, in quel periodo, gli spazi pubblicitari non potevano superare il 5% del tempo totale della trasmissione dei vari programmi e pertanto il ruolo di Sipra era di vitale importanza per le aziende di allora anche in funzione del particolare momento di sviluppo economico dove la richiesta era superiore all’offerta.

Nel 1976 si ebbe la prima grande rivoluzione televisiva con la fine del monopolio della Rai e l’esplosione delle emittenze private. Fu TeleBiella a lanciare le prime grandi campagne pubblicitarie:

il noto Mobilificio Aiazzone costruì la sua fortuna sul messaggio tutto compreso ovvero Iva, consegna e montaggio tutti inclusi nel prezzo esposto.

Il linguaggio usato era semplice, ma al tempo stesso molto diretto e accattivante dove la parola “gratis” inizia a prendere corpo e, sempre nell’arredamento, si inizia a offrire servizi a costo zero e porre l’attenzione sul fatto che, per la prima volta, i fornitori si auto-invitavano a casa dei clienti a prendere le misure. L’azienda pone le mani avanti e cerca da subito l’empatia con il consumatore.

Questa strategia commerciale, a distanza di oltre 40 anni, è ancora un cavallo vincente per molte aziende nel settore dell’arredamento casa o dell’ufficio. Aiazzone fu il primo a usare il messaggio pubblicitario referenziato con lo slogan … provare per credere… e …dite che vi manda Guido Angeli… (quest’ultimo viene comunemente usato ancora oggi quando si consiglia un amico, collega o conoscente, di acquistare un prodotto o un servizio in un’azienda dove noi siamo clienti abituali).

Questa citazione è la più incisiva nelle azioni di marketing pubblicitario, in quanto pone noi stessi come certificatori della qualità di quella determinata impresa o prodotto. Allora, in meno di un anno, questo vero e proprio fenomeno commerciale, occupò quasi tutti gli spazi commerciali delle quasi 500 emittenti private nate in quel periodo. Aiazzone in pochi mesi si espande nella maggioranza delle emittenti private italiane e diventa punto di riferimento per la comunicazione pubblicitaria degli anni Ottanta. L’azienda inizialmente di dimensione locale, raggiunse in poco tempo una espansione commerciale incredibile, acquisendo clienti in tutta Italia, isole comprese (per la prima volta senza costi aggiuntivi per gli isolani).

Furono in molti a copiare la medesima strategia commerciale senza che nessuno di loro avesse il successo che ebbe Aiazzone negli anni Ottanta che, a causa della morte del proprio amministratore, negli anni successivi non riuscì a mantenere la stessa Mission commerciale.

Questo insegna ancora oggi che una strategia commerciale che funziona per una azienda, non è detto funzioni per una simile (sia come dimensione che come tipologia di prodotto) e che prendere spunto da situazioni di successo è utile, ma non è detto garantisca lo stesso successo!

Ogni azienda è unica e come tale anche la sua campagna pubblicitaria lo deve essere, a maggior ragione se parliamo di imprese che erogano prodotti o servizi per un pubblico di clienti di vicinato.

Negli anni Ottanta si assiste al forte sviluppo commerciale di Publitalia, che per la prima volta adotta nuove regole e strategie commerciali che ancora oggi, epoca dei social network e del web, sono molto usate dalla maggior parte delle aziende commerciali italiane. Publitalia introduce il concetto di squadra vendite, dove i singoli agenti commerciali guadagnano in funzione del risultato ottenuto dal gruppo; non erano più i clienti che si recavano da Publitalia, ma era la squadra commerciale che andava a proporre i propri servizi a casa dei “futuri clienti” (andando in contrapposizione a tutte le abitudini del momento).

Nelle trattative commerciali, per la prima volta vengono introdotte le parole sconti e omaggi che in quel particolare periodo economico, dove le aziende italiane erano in forte crescita, risultò una strategia vincente.

Ancora oggi, a distanza di quasi 40 anni, questi concetti sono attuali e vengono utilizzati per la promozione di molti prodotti o servizi di qualsiasi natura: arredamento, auto, logistica, servizi alle imprese, servizi alle persone, alimentare, turismo, farmaceutico e ricreativo. Sempre Publitalia ha introdotto nell’ambito pubblicitario il monitoraggio dell’investimento fatto dal cliente e il target del pubblico a cui proporre gli spot commerciali.

Le strategie proposte da Publitalia risultarono vincenti e lo sono ancora oggigiorno in quanto, prima di scegliere come comunicare e far conoscere un prodotto, bisogna sapere a chi indirizzare il messaggio pubblicitario e fissare un obiettivo; successivamente viene fatta una valutazione al fine di individuare l’investimento necessario per raggiungere gli obiettivi aziendali. In questo caso, per la prima volta, si introduce il rapporto tra investimento effettuato e investimento ottimale, fondamentale per raggiungere gli obiettivi aziendali nei tempi prefissati.

Su alcune tipologie di inserzionisti pubblicitari, gli accordi commerciali prevedevano un riconoscimento in percentuale sul delta del fatturato raggiunto (tecniche commerciali ancora usate adesso), mentre se non venivano raggiunti i risultati, Publitalia continuava a promuovere gratuitamente il proprio cliente.

Ogni campagna pubblicitaria, specialmente quelle a diffusione locale, aveva il numero di telefono personalizzato e questo permetteva di migliorare e finalizzare i messaggi pubblicitari a seconda dell’area geografica in cui venivano proposti.

Ancora oggi i numeri geografici sono un ottimo strumento di monitoraggio dell’efficacia delle proprie campagne pubblicitarie (radiofoniche, televisive, editoriali, social network o web), anche perché recenti studi di mercato hanno confermato che i consumatori solitamente preferiscono acquistare da fornitori locali piuttosto che da aziende lontane rispetto alla loro Provincia.

Se un’azienda investe cifre particolarmente interessanti nella comunicazione pubblicitaria, per distinguere l’interesse riscontrato, è opportuno usi numeri di telefono diversi a seconda della pubblicità, sia essa cartacea, sui giornali on-line, sul sito e sulle eventuali campagne tv e radiofoniche: questa strategia consente di valutare quale dei canali usati sia il più efficace per acquisire nuovi clienti o mantenere gli acquisiti e investire sfruttando i dati raccolti.

Con queste informazioni si può arrivare a valutare l’opportunità di effettuare diverse campagne pubblicitarie semplicemente associando un numero diverso a ciascuna di esse indipendentemente dallo strumento utilizzato per la relativa promozione.

Sempre negli anni Ottanta nascono i primi numeri verdi che permettono di effettuare chiamate addebitandone il costo interamente al destinatario; questo sistema viene utilizzato ancora oggi da molte aziende allo scopo di fornire un recapito telefonico gratuito e favorire i contatti anche ai consumatori più attenti alle spese.

Allora come oggi, risultano molto efficaci gli spot dove al centro c’è il valore della famiglia che consuma e fruisce di prodotti o servizi (sia nel campo alimentare, della salute, dell’igiene personale, della casa e dell’auto). Negli anni Ottanta e Novanta si puntava molto sul concetto di famiglia tradizionale, composta da mamma, papà e due figli; oggi a questa viene affiancata la famiglia moderna allargata, dalle coppie di fatto, agli anziani e agli immigrati provenienti dalle più diffuse etnie. Anche nell’ottica di una campagna di comunicazione locale o Regionale dobbiamo tener conto di questi consumatori in quanto sono da parecchi anni in costante e continuo aumento. Non considerarli o peggio ancora non “volerli considerare” può favorire la concorrenza.

Sempre negli anni Novanta e Duemila, gli spot pubblicitari televisivi invasero in modo pesante i programmi delle tv Nazionali, Regionali e locali, incominciando a disturbare il consumatore.

Le interruzioni pubblicitarie furono inserite ovunque: prima, durante e dopo i telegiornali; nei film, nei documentari, nei cartoni animati e portarono i telespettatori a vivere la pubblicità come un’azione di disturbo e non più, come pochi anni prima, una opportunità per conoscere nuovi prodotti. Questa situazione permise ad altri strumenti di comunicazione di poter aumentare i loro clienti e tra questi, negli anni Duemila, ebbe il suo forte sviluppo internet e subito dopo i social network.

In questi anni molti hanno criticato le campagne pubblicitarie televisive, in quanto gli spot sono diventati molto brevi (5, 7, 10 e 15 secondi) a causa degli alti costi di produzione e diffusione andando a scremare molti investitori che, in questi anni di forte crisi economica e dei consumi, hanno dovuto fare tagli importanti a favore di altri mezzi pubblicitari più economici e precisi nell’individuare il target del consumatore.

A trovare maggiore difficoltà sono le trasmissioni televisive del mattino e delle prime ore del pomeriggio perché gli investitori che hanno iniziato a selezionare i propri investimenti hanno constatato che la tv viene guardata e seguita preferibilmente nelle ore serali. Nella stagione autunno-inverno, gli orari più interessanti sono quelli che iniziano verso le 18:45 e si concludono intorno alle 23:30. Nel periodo primavera-estate, questo orario viene ulteriormente accorciato perché le belle giornate sono una valida alternativa alla televisione. Accorciando così il periodo “buono” per la diffusione degli spot televisivi, sono aumentati i costi divenendo proibitivi per la maggior parte delle aziende medie italiane e una possibilità solo per le grandi aziende e per le multinazionali del settore autovetture, moto, arredamento e alimentare.

A dettare il prezzo di uno spot televisivo è l’audience, che indica l’insieme delle persone che hanno seguito una determinata trasmissione o un messaggio pubblicitario attraverso uno strumento di comunicazione di massa quale è la tv.

I dati raccolti sull’audience sono di particolare importanza dal momento che determinano il prezzo degli spot pubblicitari all’interno dei programmi di massa o tematici; questo dato consente alle imprese di affrontare investimenti pubblicitari all’interno di un target ottimizzando i loro investimenti che possono essere rivolti alla massa in generale oppure a una nicchia di telespettatori.

Un altro fattore di valutazione del prezzo di uno spot in una particolare fascia oraria è lo share, ovvero il rapporto in percentuale tra il numero di spettatori medio registrato in una fascia oraria o di un programma e il totale dei telespettatori che contemporaneamente erano presenti su tutti i canali televisivi. Questo dato va analizzato in modo diverso secondo dove si realizza la promozione: su tv Nazionali primarie quali le reti Rai, Mediaset, La7, Sky, ecc., oppure sulle tv locali o Regionali.

Alcuni spot di 30 secondi in Rai o in Mediaset, in prima serata, con programmi di punta del proprio palinsesto, possono tranquillamente superare gli 80.000 euro per 30 secondi di messa in onda; prima dei vari telegiornali i costi variano dai 50 ai 70.000 euro; calano sensibilmente dalle 22:30 alle 24:00, ma comunque non siamo lontani dai 25.000 euro; durante il giorno invece le cifre possono variare dai 5 ai 10.000 euro. Queste cifre possono essere scontate di parecchio solo per le aziende che programmano almeno tremila spot annuali ovvero che possono permettersi investimenti di alcune decine di milioni di euro.

I prezzi per le tv locali sono decisamente diversi: in prima serata, con programmi musicali o sportivi di punta del proprio palinsesto possono raggiungere i 1.000 euro per 30 secondi di messa in onda; prima dei vari telegiornali locali i costi variano dai 1.000 ai 1.500 euro; mantengono abbastanza costante il prezzo dalle 22:30 alle 24:00, con cifre che variano dai 500 agli 800 euro; durante il giorno le cifre si aggirano sui 100 euro. Queste cifre possono essere ulteriormente scontate solo per aziende locali che programmano investimenti mensili di almeno 3.000 euro per un arco temporale di almeno un anno.

Questi costi però non sono gli unici che si devono sostenere per una campagna televisiva di alta qualità. La costruzione del messaggio o dell’intero spot passa attraverso il lavoro di molte persone: registi, attori, produttori e sceneggiatori: più alta sarà la loro professionalità tanto maggiore sarà la rendita dell’investimento fatto sulle tv. I costi per “costruire” uno spot di 30 secondi che venga programmato su campagne Nazionali importanti possono arrivare a 50.000 euro. Non sarà pertanto possibile effettuare un paragone con spot che costano 1.000 o 2.000 euro! Tutti questi fattori contribuiscono ad aumentare i costi finali della messa in onda degli spot televisivi, il che li rendono non accessibili a tante aziende.

Uno spot efficace deve essere semplice: i maggiori consumatori della tv generalista sono persone del ceto basso, con un’istruzione di base, che vedono nella televisione il media più semplice dal quale reperire le informazioni.

Dall’esperienza maturata in questi anni, il vantaggio principale che si riscontra nella pubblicità televisiva lo si trova nell’empatia che essa genera con i consumatori in quanto entra direttamente nelle case.

Su questo punto ci sono due pareri discordanti: chi sostiene che la pubblicità televisiva non distrae il potenziale cliente essendo principalmente vista a casa, e chi sostiene che durante la pubblicità le persone “cambiano canale”. Sta alla bravura di chi ha progettato lo spot riuscire a catturare l’attenzione del consumatore: lo spot può divertire, informare e trasmettere una immagine positiva.

La pubblicità televisiva può essere mandata in onda per parecchi mesi, sviluppando così un livello di familiarità e di dialogo con i consumatori. Questa particolarità la si riscontra principalmente in tale mezzo di comunicazione e parzialmente nella radio: gli altri strumenti pubblicitari non godono di questa caratteristica.

A partire dal 15 ottobre del 2008, con l’introduzione del digitale terreste, la tv subì una profonda rivoluzione e con essa tutti gli spot pubblicitari che fino a quella data, specialmente sulle tv Regionali o Provinciali, ricoprivano una fonte di reddito importantissima per le stesse emittenti. Quando si iniziò a confrontare le trasmissioni analogiche e quelle digitali dei vari canali televisivi, furono subito chiare a tutti le differenze: i segnali analogici erano maggiormente soggetti a disturbi (farfallii o ronzii), in quanto il ricevitore non poteva distinguere una variazione di segnale dovuta a “disturbo” da un reale contenuto.

Il segnale digitale è per sua natura immune ai disturbi: si vede bene o non si vede, non esiste la via di mezzo.

La maggior parte delle persone preferisce il segnale analogico perché, anche se era fortemente disturbato, consente comunque di vedere il programma, cosa che con il segnale digitale diventa indecifrabile oltre una certa soglia di disturbo e non si vede più nulla. Essendo il territorio italiano prevalentemente montano o collinare, con l’avvento del digitale terrestre, molte utenze improvvisamente persero dalla propria programmazione sui telecomandi molte emittenze private, aprendo una profonda crisi in questo settore che ancora oggi non è superata e ha portato alla conseguente chiusura di molte tv private.

Furono invece moltissimi i vantaggi introdotti dal digitale terrestre per gli inserzionisti pubblicitari, i quali poterono da subito promuovere i propri servizi e prodotti con un mezzo di comunicazione decisamente più evoluto e performante rispetto all’analogico.

Si ebbe subito un maggior numero di canali disponibili, perché gli algoritmi di compressione dati adottati permisero di occupare appena il 20-25% della larghezza di banda utilizzata per la trasmissione di un singolo canale analogico; migliorò notevolmente la qualità dell’audio e dell’immagine a discapito della completa non visualizzazione nelle aree geografiche dove il segnale non era raggiunto in modo chiaro e pulito. Le agenzie pubblicitarie poterono utilizzare i formati 16:9 anche sulle tv per la trasmissione dei loro spot (formato simile a quello utilizzato per la visualizzazione dei DVD) in alta definizione.

Il telecomando divenne interattivo con le trasmissioni: in passato lo spettatore aveva la possibilità di “comunicare” con le emittenti televisive solo tramite il telefono (sondaggi e concorsi); il digitale terrestre permise un’interazione più semplice e dinamica grazie al fatto che lo spettatore utilizza il proprio telecomando per comunicare e visualizzare sue azioni sullo schermo del televisore.

Tornando allo spot televisivo, questo, per essere realizzato, richiede un’analisi dettagliata del piano di lavoro che si andrà a fare con una relativa metodologia testata e collaudata.

La prima cosa da analizzare è il budget a disposizione: se questo è ridotto a poche migliaia di euro, è opportuno utilizzare altri strumenti di comunicazione di massa.

È impensabile realizzare uno spot pubblicitario televisivo da autodidatta o fai da te perché si andrebbe a vanificare tutto l’investimento programmato sulle varie emittenti televisive.

Per poter fare un lavoro a regola d’arte, serve la collaborazione di un regista. Questa figura professionale risulta di vitale importanza nella buona riuscita del progetto. Il regista dirige e coordina il personale di produzione e il cast portando il loro lavoro a trasformare l’idea pubblicitaria in metodo di lavoro. Il lavoro del regista risulta particolarmente utile dal momento che lavora sulle idee iniziali discusse insieme al committente e a queste aggiunge, tramite la sua personale esperienza, un tono più teatrale, comico o drammatico alla storia narrata nello spot pubblicitario rendendolo orecchiabile e in sintonia con il prodotto che si vuole reclamizzare.

La seconda fase del lavoro viene chiamata sceneggiatura, ovvero un testo o un racconto dove quasi sempre ci sono dialoghi tra persone o animali, la cui finalità è quella di attrarre e stimolare i cinque sensi dell’individuo con la finalità di portarlo a interessarsi e quindi acquistare il prodotto pubblicizzato nello spot. Qui verranno descritte in modo dettagliato le caratteristiche che dovranno avere le inquadrature, i movimenti delle cineprese, i dialoghi o i monologhi, le didascalie ed eventuali voci fuoricampo.

A seconda del prodotto o del servizio che si andrà a promuovere, verranno anche descritte le sue caratteristiche e soprattutto su quali scenografie saranno proposti. La fase successiva consiste nell’individuare la location in cui girare lo spot.

Solitamente per uno spot di 30 secondi, la location è unica; viceversa, se si deve girare un filmino di almeno un minuto e mezzo, è opportuno prevedere almeno tre location per rendere più interessante lo spot e portare l’ascoltatore televisivo a mantenere costante l’attenzione fino alla fine del messaggio.

Il regista presta sempre parecchia attenzione alla location perché solitamente è quantificata come il 30% del valore del messaggio pubblicitario, tanto che i test sulle inquadrature e sulle luci potrebbero richiedere alcune giornate di lavoro specialmente se si lavora all’aperto dove la luce gioca un ruolo fondamentale e non è replicabile durante l’intera giornata; stessa importanza viene data alle condizioni meteo e alla stagionalità.

Bisogna comunque preoccuparsi di chiedere eventuali permessi a Comuni, Parchi o Enti, nel caso in cui l’ambientazione venisse fatta in aree pubbliche, mentre se svolta in ambienti privati non comporta alcun tipo di autorizzazione. I costi aumenteranno esponenzialmente se a causa di fattori esterni e non controllabili, il registra dovrà tenere impegnata tutta la troupe e gli attori per diversi giorni al fine di completare le riprese (vedi temporali estivi, nevicate o piogge; incidenti, lavori di manutenzione rumorosi in edifici adiacenti a dove si vuol girare lo spot televisivo).

Terminata questa fase, il regista affiderà il materiale prodotto a un tecnico del montaggio, il quale selezionerà le riprese migliori e comporrà lo spot pubblicitario. Il tecnico, in base alla propria esperienza e professionalità, andrà a montare almeno tre o quattro versioni diverse dello spot, che verranno analizzate e discusse con il regista e il committente.

Il regista si avvarrà della figura di un tecnico per il montaggio del suono e, nel caso lo ritenga, di musicisti professionisti per aggiungere degli effetti sonori e temi musicali. Questi ultimi svolgono un ruolo molto importante nella pubblicità perché daranno un’impronta unica al prodotto, rendendolo riconoscibile durante l’ascolto televisivo. Alcuni jingle si canticchiano ancora a distanza di parecchi anni rispetto a quando sono stati lanciati sul piccolo schermo.

Consiglio l’utilizzo di questo canale pubblicitario quando la diffusione dei nostri prodotti e/o servizi sono almeno di interesse Regionale in quanto si ammortizzano con maggior facilità i costi per la realizzazione degli spot professionali.

Una buona campagna pubblicitaria televisiva su emittenti locali potrebbe iniziare a portare i sui risultati con la realizzazione di almeno 6 spot che tendono a raccontare una storia in un arco temporale di almeno 6 mesi. Potrebbe essere vincente la scelta di affiancare una campagna pubblicitaria con articoli redazionali da pubblicare sui giornali locali e sui quotidiani on-line. La pubblicazione di questi articoli dovrebbe iniziare almeno un mese prima rispetto alla messa in onda degli spot pubblicitari e terminare un paio di mesi dopo. L’utilizzo contemporaneo di questi due mezzi di comunicazione andrebbe a coinvolgere la quasi totalità delle persone che risiedono nei territori in cui abbiamo programmato questi investimenti pubblicitari.